Come si costruisce un’alternativa credibile, ma soprattutto desiderabile? Come si trasforma un disagio diffuso (per quanto minoritario) in qualcosa che non spenga l’indignazione ma che sia in grado di smuovere le persone e spingerle a mettersi in cammino?
Come si riesce a smontare le diffidenze che ostruiscono il passaggio, costringendo tutti quelli che già oggi producono storie di ribellione e bellezza sociale a mettersi in rete?
E’ possibile che il cambiamento si compia sulle spalle di vecchie bandiere? Si possono utilizzare gli stessi strumenti, le stesse parole, per fare una rivoluzione (per quanto pacifica)?
Si ragiona per bande, si rincorre il modello dell’uomo forte al comando (sempre un uomo, guarda caso). Ci si parla addosso quasi tutto il tempo. Sono cori da stadio, non ragionamenti. Sono sveltine, non certo pazienti visioni del futuro.
Io credo si debba tornare ad ascoltare, profondamente e con un alto tasso di umiltà. Credo si debba restituire dignità al confronto, all’approfondimento, mettendo al bando giudizi sommari e sentenze.
Poi, serve prendere decisioni, ma facendo. Azione, cose concrete. Cambiare il mondo dietro l’angolo, non al prossimo congresso. Farle, le cose, e farle bene. Predicare l’energia pulita con un pannello solare sul tetto della sezione. Altrimenti la politica diventa casta e il popolo inveisce. Essere credibili, credendoci. Essere un esempio, dandolo.
E bisogna avere il coraggio di saltare un turno o due, o comunque il tempo che occorre per rimettere in moto i piedi, scendere in mezzo alla gente. Oggi la sinistra è un Panda che i cittadini non vogliono salvare, e nemmeno gli attivisti…
Ci vogliamo svegliare o preferiamo restare inchiodati alla croce che stiamo trascinando?