Ogni giorno.
Poso la penna, o spengo il mouse. Esco dall’ufficio, che è poi casa mia. E cammino. Vado a zonzo per la città per 35-40 minuti. Tutti i giorni, o quasi.
Non lo faccio per la linea (che tanto quella…). Non lo faccio (solo) per scaricare le tensioni della giornata. Lo faccio per respirare, prima di tutto. Per curiosare (le strade, le persone, le luci, i rumori…). E per esercitarmi.
Da qualche tempo, infatti, ho scelto per professione di dedicarmi al mio, di tempo. In qualche modo di riprendermelo. Un pezzetto alla volta. Parentesi, all’inizio, che sono diventate con i mesi e negli anni pareti di una stanza sempre più grande e accogliente e calda.
E da allora ho imparato a non perdere nemmeno un bacio, di Monica o Marcello. Nemmeno un gioco, o una carezza, nemmeno un abbraccio.
Faccio il mio lavoro, e credo di farlo anche abbastanza bene, nel privilegio che sono consapevole di avere coltivato. Lo faccio con tutto l’amore e la passione che posso, a tal punto da non considerarlo tale, il più delle volte.
Ma ciò che rende il mio tempo unico e indivisibile dalle persone che amo sono esattamente io, insieme a quelle persone.
Ecco, se qualcuno mi chiedesse qualcosa circa la mia visione della lentezza sarebbe per l’appunto tutto qui dentro. Dentro l’amore che non voglio sprecare, dentro il tempo che sto cercando di vivere.
Ogni giorno.