Caro Orologio,
so che non dovrei rivolgermi ad un oggetto inanimato, anche se non sono sicuro che sia proprio così, visto il rumore che fanno le tue lancette che ogni giorno corrono e corrono da una parte all’altra del quadrante, e a noi ci fanno sentire in qualche modo inadeguati, sempre in affanno alla ricerca di qualcosa che non sappiamo trovare.
Se ti scrivo è perché penso di aver capito che sei una grandissima fregatura. Al polso, o nel display dello smartphone, o dentro alla sveglia in cima al comodino. Nella tua pancia si nasconde la discriminante in grado di rendere la vita un mezzo disastro o un’avventura meravigliosa. A te abbiamo ceduto il tempo, e l’arbitrio di regolarci l’esistenza.
Se penso a tutto il potere che circola tra i tuoi ingranaggi… Più di quello di un intero parlamento, più della tirannia di un despota irascibile e dispettoso. Te lo abbiamo affidato, il tempo, a forza di piccole accelerazioni quotidiane. Oggi non ho tempo di giocare con mio figlio, mia madre passo a trovarla domani, lo zio prima o poi lo chiamo… Ci è sembrata una cosa naturale, dedicarci anima e corpo al lavoro, ad essere sempre e comunque connessi. E quegli scampoli di spazi sospesi tra un impegno e l’altro, li chiamiamo tempo libero, ammettendo implicitamente che tutto il resto non lo è.
Ti scrivo, a te e a tutti i tuoi colleghi, per proporvi uno sciopero capillare e progressivo, che tutto d’un colpo ci fareste andar giù di matto. Inciampate nei secondi, saltate un giro di tanto in tanto, attardatevi tra un quarto d’ora e l’altro. Per consentirci di abituarci nuovamente a noi stessi, senza l’affanno di sentirci in ritardo con il mondo.
Perché da quanto mi sono messo in testa di riprendermelo, il tempo, ho capito ciò che lo rende unico e indivisibile dalle persone che amo. Che sono esattamente io, insieme a quelle persone.
Tutto ciò che è squisito matura lentamente, scriveva Arthur Schopenhauer. Ecco, caro orologio, in questa stagione di tanti io confusi e sempre di corsa, sempre più soli e stanchi, forse varrebbe la pena provare a cambiare le cose. Da soli non ce la possiamo fare, c’è bisogno che come ogni elettrodomestico che si rispetti, tu la smetta una volta per tutte di funzionare.