E’ talmente forte l’esempio di Riace che bisognava in tutti i modi creare le condizioni per narrare il suo contrario. Gettare un’ombra, instillare il dubbio e i si dice. Basta qualche giorno di merda a reti unificate per annientare nell’immaginario collettivo una storia lunga vent’anni. Questo conta, e questo resterà.
Che un Ministro dell’Interno si schieri ed esulti come un bimbominchia qualunque è ancora più grave delle polemiche in sé, o dei latrati dei cani da riporto alla Meloni, per capirci. Il dolore per questo ceffone di Stato è grande, perché i partiti partiti di testa di destra e di sinistra pure non hanno mai compreso l’operato di Mimmo Lucano. Che avrà lasciato per strada passaggi burocratici e atti amministrativi. Senza abbandonare nessuno, però.
Non ha mai considerato queste donne e questi uomini e questi bambini come numeri, o moduli Sprar da compilare. Ma persone da accogliere, progetti a cui appiccicare un’etichetta chiamata futuro, possibilità.
Quanto vi spaventa tutto questo, generali del non fare? Come vi sentite ora, galoppini da tastiera? Cosa vi resta nello smontare capolavori altrui a fronte delle vostre inefficienze, della vostra fottuta ignavia?
Si dice sempre in questi casi, la magistratura faccia il suo corso. Perché è giusto che sia così. Perché bisogna dirlo. Come bisognerebbe ricordare, sempre, che un indagato è innocente fino a prova contraria. Come dice non un rancoroso qualunque, ma la nostra Costituzione. Che Salvini non conosce, se da Ministro e per giunta agli Interni si schiera, e sbava come un qualunque teppistello allo stadio.
Volevate smontarla, questa bella storia, e magari ci siete riusciti. O magari no, in fondo dipende (anche) da noi.